
In pratica si compongono di un involucro (dispenser), che può essere riempito con 200-250 mini-ordigni esplosivi. La bomba può essere sganciata da aerei tattici, bombardieri d'alta quota, sparato da cannoni o da sistemi di lancio multiplo. Prima di toccare terra, il dispenser si apre, liberando il suo contenuto distruttivo. Le bombette (ognuna capace di fare a pezzi un uomo) sono dotate di piccoli paracadute e, una volta raggiunto il suolo, esplodono. Ogni dispenser è capace di coprire, con le bombe che porta, un perimetro ovale di circa 1500-2000 metri per 500-700. Se pensiamo che un aereo può trasportare fino a 300 dispenser, la superficie di territorio che può essere coperta con un unico lancio è immensa.
Ma il problema non si esaurisce qui: le mini-bombe non esplodono tutte toccando il suolo. Stime ufficiali dicono che la percentuale di bombe inesplose si aggira (per ogni dispenser) intorno al 5%. Percentuale che aumenta pericolosamente (anche oltre il 40%) se i lanci vengono effettuati, ad esempio, su delle città. Le mini-bombe, infatti, per avere il massimo della resa, devono esere sganciate in campo aperto. In città o nei centri abitati, molte bombe potrebbero rimbalzare o atterrare in maniera non corretta e rimanere inesplose.
Le vittime più numerose di questi ordigni, poi, sono proprio i bambini, che vengono attirati dalle mini-bombe, spesso rassomiglianti a lattine ed il più delle volte di colori sgargianti.
La Convenzione di Ottawa del 1997, ha vietato l'uso di mine antiuomo, indicandole come illegali, condannandone l'uso come contrario al diritto umanitario e definendo un crimine di guerra il loro impiego. Da allora, mentre sono scomparse (quasi) le mine antiuomo, si sono moltiplicati gli "avvistamenti" di cluster bombs. Non da ultima la guerra in Libano.
Lo stato di Israele ha approfittato, infatti, di questo conflitto per ripulire i suoi arsenali di un gran numero di vecchie cluster bombs, fornite dagli americani negli anni '70, quando iniziò la prima vendita di queste "armi di distruzione di massa". Molte delle cluster ritrovate in suolo libanese appartengono a stock militari risalenti all'epoca del Vietnam. Mark Garlasco di HRW ha affermato il ritrovamento di ordigni datati marzo 1973.
Il Mine Action Coordination Center dell'ONU, che ha del personale in Libano addetto alla ricerca di ordigni inesplosi, ha dichiarato di aver ritrovato numerose cluster in 249 punti del territorio a sud del fiume Litani. I modelli ritrovati, di fabbricazione americana, sono l'M-42, l'M-77 e il BLU-63.

Lo scopo di questi ordigni è la distruzione indiscriminata. Non sono armi di precisione e provocano danni a lunghissimo termine e con particolari rischi per la popolazione civile. Il loro uso non può essere definito se non criminale. La forza di pace che si va dispiegando in Libano con la missione Unifil II, dovrà tenere conto anche della massiccia presenza di cluster bombs e attrezzarsi per bonificare il territorio. Un lavoro che sarà lungo e pericoloso anche per i militari.