11 giugno 2006

Un rebus di riforma


Quella che segue è, in sintesi, la legge di riforma costituzionale che passerà, entro pochi giorni, nelle nostre mani sotto forma di referendum costituzionale. Io me la sono letta. Quel poco che so di diritto costituzionale mi è bastato per capire che si tratta di una modifica che porterà solo disordine e diseguaglianze. La cosa che più mi ha colpito è che si vede da lontano un miglio che non è stata scritta da esperti costituzionalisti e attraverso un'ampia concertazione: è confusa, dissimile da qualunque altra costituzione europea federalista e non possiede le caratteristiche tipiche dei regimi federali (fiducia costruttiva, veto sospensivo del senato sui progetti di legge ecc.ecc.), ma soprattutto non ha le caratteristiche di chiarezza e semplicità che dovrebbero essere tipiche dei testi costituzionali. Per non parlare poi delle regole che prescrive: la legislazione esclusiva delle regioni su materie di importanza capitale è una cosa semplicemente inutile e per nulla costruttiva, che rischia di parcellizzare la legislazione in infinite varietà regionali e di porre i cittadini delle varie regioni su piani diversi e con sistemi di tutela differenti. Insomma, una riforma che esprime le idee ipocrite e stupide di una minoranza politica xenofoba e contraria a i principi ispiratori della Repubblica italiana.
L'Onorevole (mica tanto) Umberto Bossi è colui che ha inaugurato questa piccola tragedia, la stessa persona che dileggia continuamente il nostro tricolore e la nostra beneamata patria. Basterebbe questo come motivo per votare NO al referendum. Per quello che mi riguarda, come romano de Roma (ladrona) ho un conto aperto con i Padani e non ho bisogno di altre motivazioni. A chi non dovesse bastare, può sempre leggersi la legge, se ce la fà!

ENTRATA IN VIGORE - La complessità della riforma si avverte anche nella sua entrata in vigore. La nuova legge stessa scagliona i vari termini per l'entrata in vigore delle varie e complesse riforme che, nell'insieme, non dovrebbero essere operative prima del 2011 (vale a dire all'inizio della legislatura successiva a quella della promulgazione della legge).
FINE DEL BICAMERALISMO PERFETTO – Con l’istituzione del Senato federale della Repubblica, quale Camera rappresentativa degli interessi del territorio e delle comunità locali, arriva la fine del bicameralismo perfetto. La Camera sarà l'organo politico, costituito da 518 deputati, di cui 18 eletti all’estero. I deputati a vita, nominati dal Presidente della Repubblica, prendono il posto dei senatori a vita e possono essere 3; di diritto sono deputati gli ex Presidenti della Repubblica. L'età minima per essere eletti scende a 21 anni (adesso è 25). I senatori saranno 252, eletti in ciascuna Regione contestualmente ai consigli regionali. Ogni regione dovrà eleggere almeno sei senatori (ma a Molise e Val d'Aosta ne spettano rispettivamente due e uno). A loro si sommeranno i 42 delegati delle Regioni, che partecipano ai lavori del Senato federale senza diritto di voto: due rappresentanti per ogni regione più due per le Province autonome di Trento e Bolzano. Sarà eleggibile chi ha 25 anni (oggi la soglia è di 40 anni).
FINE DELLA DOPPIA APPROVAZIONE - Salvo alcune materie, riservate al procedimento collettivo delle due Camere, il modello prevalente è quello dei procedimenti monocamerali, rispettivamente di competenza della Camera e del Senato federale sulla base delle materie trattate. In base a tale sistema, non è più richiesta una doppia approvazione di Camera e Senato sullo stesso testo. La Camera esamina le leggi su materie riservate allo Stato, il Senato leggi che riguardano le materie concorrenti, cioè quelle riservate sia allo Stato che alle Regioni. Il ramo del Parlamento che non ha la competenza diretta può presentare proposte di modifica.
Sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni riguardanti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, Camera e Senato legiferano insieme. In mancanza di accordo, interviene una commissione mista di 30 deputati e 30 senatori membri indicati dai presidenti delle due Camere.
PREMIERATO FORTE – La candidatura alla carica di Primo ministro avviene mediante collegamento con i candidati ovvero con una o più liste di candidati all'elezione della Camera dei deputati, secondo modalità stabilite dalla legge. Il Presidente della Repubblica, sulla base dei risultati delle elezioni della Camera dei deputati, nomina il Primo ministro. Il Primo ministro determina la politica generale del Governo e ne è responsabile. Garantisce l'unità di indirizzo politico e amministrativo, dirigendo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri. Il Primo ministro illustra il programma di legislatura e la composizione del Governo alle Camere entro dieci giorni dalla nomina.
La Camera dei deputati si esprime con un voto sul programma. Il Primo ministro può porre la questione di fiducia e chiedere che la Camera dei deputati si esprima, con priorità su ogni altra proposta, con voto conforme alle proposte del Governo, nei casi previsti dal suo regolamento. La votazione ha luogo per appello nominale. In caso di voto contrario, il Primo ministro si dimette. Non è comunque ammessa la questione di fiducia sulle leggi costituzionali e di revisione costituzionale. In qualsiasi momento la Camera dei deputati può obbligare il Primo ministro alle dimissioni, con l'approvazione di una mozione di sfiducia.
MOZIONE DI SFIDUCIA - La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un quinto dei componenti della Camera dei deputati, non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione, deve essere votata per appello nominale e approvata dalla maggioranza assoluta dei componenti. Nel caso di approvazione, il Primo ministro si dimette e il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento della Camera dei deputati ed indìce le elezioni.
Il Primo ministro si dimette altresì qualora la mozione di sfiducia sia stata respinta con il voto determinante di deputati non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni. Qualora sia presentata e approvata una mozione di sfiducia, con la designazione di un nuovo Primo ministro, da parte dei deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, il Primo ministro si dimette e il Presidente della Repubblica nomina il Primo ministro designato dalla mozione. La mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione e deve essere votata per appello nominale.
DEVOLUTION – Con la riforma viene attribuita alle regioni la potestà legislativa esclusiva su: assistenza e organizzazione sanitaria, organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della regione, polizia amministrativa e regionale. Facendo ricorso alla cosiddetta clausola di interesse nazionale il governo può impugnare una legge regionale ritenuta lesiva dell'interesse nazionale: invita la regione a cancellarla e, in caso di risposta negativa, sottopone la legge regionale al Parlamento in seduta comune che ha 15 giorni di tempo per annullarla. Lo Stato può sostituirsi agli enti locali nel caso di mancato rispetto di norme internazionali o di pericolo grave.

Il testo è tratto dal sito di La Repubblica.

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